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    Il Team di GENIO

Ultime risposte

  • Risposta a: benveget1

    In effetti c'è sempre stato. In realtà, pare che l'uso del "piuttosto che" sia di provenienza settentrionale. Oggi il modello settentrionale di lingua è avvertito come il più prestigioso, pertanto si tende ad adottarne molto spesso pronunce e usi. 

    Per la domanda: sgorbi linguistici
  • Risposta a: astragalo61

    Sai perché invece è un bene andare a votare nelle scuole, tutto sommato? Mia madre è insegnante in una scuola elementare che funge da seggio elettorale. Da un lato non è che sia molto contenta perché in effetti si perdono giorni di scuola e bisognerà recuperare i giorni successivi in classe. Dall'altro lato però, visto che nella sua scuola il tetto perde (ma nessuno, nonostante le lamentele si muove per ripararlo!) e sono ridotti a spargere secchi in ogni dove per raccogliere l'acqua, dice che trovarsi lì e toccare con mano le condizioni in cui i nostri bambini studiano nelle scuole pubbliche farà bene a molti cittadini... 

    Per la domanda: voto nelle scuole
  • Risposta a: franknfurter@v

    I verbi sognare e vergognare, coniugati alla prima persona plurale del presente indicativo, vogliono di norma la "i". La norma grammaticale, si ricorda, è spesso una costruzione artificiale, perciò è alquanto inutile pensare ad esempio a come si pronuncino. In realtà a quanti obiettano che negli infiniti sognare e vergognare non ci sia la "i", vorrei dire che la "i" c'è eccome: in latino si dice somniare. Il problema di fondo è che nel passaggio fonetico da lat. -mni- a iltaliano -gn- la "i" ha oscillato, quindi ci sono casi in cui la "i" è presente e altri in cui si è persa. Il parlante, operando per analogia, tende ad essere più economico e concreto del manuale di grammatica, perciò non avvertendo inconsciamente l'esigenza di quel fonema vocalico lo rimuove. La lingua non è una costruzione, ma cambia nell'uso che i parlanti ne fanno. La norma grammaticale, tuttavia, impone "sogniamo" e "vergogniamo".

  • Risposta a: ballerino198

    Non c'è assolutamente differenza di significato. In latino il nome per l' "o/ulivo" è un prestito dal sostrato linguistico prelatino, quindi non è una parola originariamente latina: i termini provenienti dal sostrato "mediterraneo" avevano la caratteristica di presentare delle oscillazioni nei fonemi. Questo spiega linguisticamente l'esistenza delle due forme Quanto alla sussistenza in italiano è più un fatto di sociolinguistica: si usa la forma con u piuttosto che quella con o a seconda della regione italiana di provenienza, del contesto d'uso (tecnico o comune), del grado di istruzione dei parlanti; di norma la forma con u (forse perché più vicina alla corrispondente voce greca) è avvertita come più prestigiosa. 

Ultimi commenti

  • Commento a: libergilida

    Ma meditate che vuol dire? Socrate è stato uno dei più grandi insegnanti della storia e non diceva certo "so di non sapere" per incoraggiare gli ignoranti che non considerano la cultura importante. Lo diceva per instillare dubbi nei sapienti, per dire loro che la condizione migliore per l'apprendimento è quella della curiosità, la quale implica per forza uno stato di "non sapere". Socrate sapeva di sapere, eccome!