Berlusconi ce lo meritiamo?

Secondo voi gli italiani se lo meritano, Berlusconi?

 

gasegiacgasegiac

Pubblicata IL 17/09/2008, ORE 16:27
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    anna_ghianna_ghi

    Pubblicato IL 17/09/2008, ORE 17:04

    Appassionato di ambiente, cinema, musica, oroscopo, spettacolo

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    Assolutamente si. Credo sia una scelta, per quanto non del tutto inconsapevole, che tutti noi abbiamo fatto per raggiungere l'autodistruzione più un fretta!

  • Mi stupisce che ancora qualcuno crede in Veltroni dopo tutto quello che ha fatto con il compare di Bisaccia, solo litigate tra di loro. Vanno bene cosi come "governo ombra", ma che stiano almeno all'ombra perchè al sole si prendono le insolazioni.

  • Per la verità oggi come oggi è sicuramente il meglio che possa offrire la politica Italiana. Siete poi cosi sicuri che un Veltroni, un Rutelli o un D'Alema siano migliori di lui?

    1 commento:

  • carlomarcscarlomarcs

    Pubblicato IL 10/11/2008, ORE 18:34

    Appassionato di attualità, parlare di napoli, poesia, politica, scrivere, sinistra

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    Vorrei se non è troppo lungo proporvi uno scritto di Gramsci che ho proposto sul mio blog...e a voi le conclusioni

     

    GLI INDIFFERENTI  di Antonio Gramsci  

    Odio gli indifferenti: credo come Federico Hobbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E’ la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto “eroico” (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all’iniziativa dei pochi che operano, quanto all’indifferenza, all’assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell’ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un’epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell’ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E quest’ultimo s’irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch’io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano. I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere. Odio gli indifferenti anche per questo e mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze meravigliose della mia parte già pulsare l’attività della città futura che appunto la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrificio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l’attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti e ogni opportunista.

  • Incarna l'italiano odierno,o meglio quel 47% che lo ha scelto.Non credo sia un caso che stia in politica,ma venendo meno i referenti....ha ,o gli hanno, fatto, (fare) la discesa in campo.

  • Come dice quel detto: chi è causa deipropri mali pianga se stesso.

    Berlusconi, è il prodotto dell'attuale crisi politica italiana.Con questo non voglio dire che le idee o i programmi del suo governo siano tutte da scartare,ma negli ultimi anni la politica ed i politici italiani sofffrono di tre grandi mali:

    1) mediocrita'

    2) mania di protagonismo e delirio di onnipotenza

    3) scarsissimo senzo e rispetto della democrazia.

    Berlusconi,in linea di masima li incarna tutti e tre,mi domando e vi domando,come mai decise di scendere in campo la prima volta?

    La risposta la buto lì: non è un mistero che la sua fortuna,era  che allora in Italia comandava una classe politica (ormai estinta) capeggiata da un  certo sig. Bettino Craxi che gli permise grazie alle sue influenze di espandere il suo impero televisivo(addirittura in Francia fu profanata anche la torre Eiffel,montandovi suulla sommità un ripetitore della cinq).e quindi quando il suo mentore fu inquisito e costretto a fuggire dall'Italia,fu "costretto a scendere in campo per tutelare i suoi interessi.

    Essendo fondamentalmente un imprenditore (e devo dire anche in gamba,in quanto le sue fortune sono anche frutto di capacita') una volta eletto ha pensato che governare l'Italia fosse come governare una grande azienda, e quindi ha cercato di risanarla.L'idea non era malvagia,pero' l'italia non è una azienda,e quelle regole per lei non sono applicabili infatti i risultati furono disastrosi. voglio pensare che questo fallimento sia dovuto all'inesperienza politica,ma la cosa più grave (perche' tutti possiamo sbagliare se agiamo in buona fede) non è quella di aver fallito,ma quella di aver fondato i suoi programmi su molti propositi irrealizzabili,il milione di posti di lavoro in piu',l'abbassamento delle tasse,ed in ultimo, la plateale affermazione in chiusura del suo intervento in fase di campagna elettorale di abolire l'ICI.

    Ora  vorrei sapere i comuni dove prenderanno il gettito perso con tale abolizione,sicuramente aumentando qualche tassa comunale,e questo gia' è un controsenso perchè lui ha promesso meno tasse per tutti,ed i posti di lavoro,dove sono? Il suo governo dice che l'occupazione è aumentata,ma questo come  è possibile se aziende (e questo e un altro mistero,saranno preveggenti i loro manager)come l?alfa Romeo già tiene programmate non so quante settimane di cassa integrazione per il 2009?

    Devo ammettere che comunque è un uomo con un certo carisma,e con la sua istrionica capacita',una volta sul palco(per lui come un palcoscenico di teatro)di coinvolgere ed entusiasmare le folle,ma è chiaro,poichè più che un politico,sembra un divo della talavisione(assomiglia al compianto Gassman quando impersonava "il Mattatore).

    Però forse,il popolo italiano,scocciatosi di piangere,ed annoiato dalla coppia Boldi De Sica (che è scoppiata),avendo il desiderio di ridere di nuovo lo ha votato,ed ha ragione,infatti con le sue battute non solo fa ridere gli italiani,ma è stato in grado di divertire tutta la comunita' mondiale,apostrofando il neo presidente  americano come un bell'uomo giovane e molto abbronzato.

    Quindi senza ombra di dubbio è la persona giusta al posto giusto,e soprattutto al momento giusto.

    Saluti.

     

  • Meno male che cè lui altrimenti sarebbero stati dolori dopo il disastro che ha lasciato il governo Prodi. Avevate forse qualcun'altro da mettere a capo del governo.La conferma viene dalla maggioranza degli italiani che l'hanno votato. A fine legislatura si vedrà, se ha sbagliato in qualcosa si manderà a casa, caso contrario si ritornerà ad eleggerlo se non cè qualcuno altro migliore di lui. Grazie a Dio siamo in democrazia.

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